lunedì 11 giugno 2012

27. Chi è Fumiki?

Ora ve lo spiego.

Dopo i primi giorni di assestamento allo studentato, iniziai a notare un ragazzo schivo e silenzioso che si aggirava sul mio stesso piano, cucinava nella mia stessa cucina e si lavava sotto la mia stessa doccia.
Io lo salutavo con un garrulo "Hallo", mentre lui rispondeva con un formale e volutamente distante "Guten Morgen".
Gioiosa io.
Glaciale lui.
Affettuosa io.
Distaccato lui.
Tale siparietto venne a ripetersi per giorni, ma io non mi arresi, la sua freddezza non mi fece desistere ed alla fine ebbi la meglio. Una mattina all'ennesimo algido saluto risposi con un sorriso ed una tazzina di caffè fumante. Lui, issando bandiera bianca, ricambiò con una zuppa liofilizzata.
La stalker dal pigiamone rosa aveva avuto la meglio sul silenzioso samurai.

Seduti alla stessa tavola iniziammo a parlare e raccontarci.
Fu così che nacque la nostra amicizia.

Fumiki era giapponese e studiava economia.
Dimenticate il tipico giovane nipponico occidentalizzato, buffo e fissato con i congegni elettronici.
Lui proveniva da una famiglia umile, era nato e cresciuto in una zona rurale e cercava di costruirsi un futuro grazie all'impegno e al talento negli studi.
Anche a Berlino seguiva un regime di vita molto spartano, la sera non usciva quasi mai, sfuggiva la confusione e, se c'era abbastanza silenzio nell'Haus 17, lo si poteva sentire suonare lo shakuhachi chiuso nella propria stanza.
Era serio ed a tratti persino cupo. Educato, ma a volte scostante.

Fumiki era pieno di pregiudizi nei confronti degli studenti Erasmus,"una massa di festaioli ubriaconi", e gli italiani, "frivoli, pigri e inaffidabili".
Cercò a lungo di collocarmi in queste due categorie, ma con grande disappunto scoprì che io sballavo ogni sua ottusa certezza. Uscivo spesso, ma non tornavo ubriaca. Facevo tardi, ma mi svegliavo presto. Mi divertivo, ma frequentavo l'università regolarmente.
Alla fine dovette ammettere a malincuore che forse non ero io a rappresentare chissà quale rara eccezione, ma lui ad essere parecchio prevenuto.
Dovette arrendersi al fatto che anche i festaioli hanno un cervello e che gli italiani non si alzano a mezzogiorno.

Io e Fumiki parlavamo di tutto: dalla storia italiana alla cultura giapponese, dalla religione all'ecologia, dai cartoni animati alla cucina.
Lui amava il Risorgimento e mi faceva mille domande a cui spesso io, ignorante come una capra, non sapevo rispondere.
Io mi infuriavo per la caccia alle balene. Pratica barbara che lui collocava tra le antiche e legittime tradizioni.
Lui si stupiva dei cartoni animati nipponici, più o meno lascivi od espliciti, che in Italia venivano considerati adatti ai bambini, e neanche la mia rassicurazione circa una rigida censura lo rasserenava.
Io lo aiutavo a preparasi la carbonara, ma poi inorridivo scoprendo la sua intenzione di mangiarsela il giorno dopo per colazione.

Fumiki ogni tanto diventava un poco strano, ma mentre io imputavo questo suo comportamento alle diversità culturali, le mie amiche Comari mi dicevano più o meno così: "Ma guarda che quello ce stà a provà".
Ed oggettivamente tutti i torti forse non li avevano.
Le sue attenzioni nei miei confronti col passare del tempo divennero sempre più simili a quelle di un uomo per una donna e non di un amico per un'amica.
Ogni scusa era buona per parlare un po' con me. Ogni scusa era buona per farsi trovare al mio fianco. Ogni scusa era buona per un regalo o un piccolo pensiero. Doni di poco valore, ma che sottolineavano il suo affetto nei miei confronti. Una fetta di torta portatami nella lavanderia a gettoni dove stavo facendo il bucato, tante meravigliose gru colorate create dall'arte delle sue dita sottili, una tazza di Glühwein(*) da dividere in due, e persino un piattino celeste per la mia tazzina dell'espresso.

Forse per troppa timidezza o per la consapevolezza che ci dividesse un'insormontabile montagna di differenze culturali, Fumiki non disse mai niente di diretto circa i suoi sentimenti ed io ignorai sempre, più o meno consciamente, tutti i segnali indiretti.

La storia rimase così. Sospesa. Perfetta per essere ricordata a distanza di anni con un sorriso e tanta tenerezza.

Continua...

(*) vin brulé tedesco

3 commenti:

  1. E che fine ha fatto il delicato e taciturno figlio del sol levante?
    Adesso sono curioso!

    ---Alex

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    Risposte
    1. Ma scusa non sarebbe molto meglio rimanere con la curiosità? Vuoi mettere il fascino di una storia sospesa?

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    2. No...

      Mi piacciono le sorprese ma odio aspettare....

      :-D

      Elimina

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