mercoledì 13 giugno 2012

28. Cercasi casa disperatamente

Scontenta per la posizione periferica dello studentato, a Novembre compilai il modulo di rinuncia alla mia camera. Dal momento della consegna avrei avuto a disposizione un mese prima di dover andarmene.
Trenta giorni per trovare l'appartamento dei miei sogni. Trenta giorni per cercare un nuovo posto dove stare. Trenta giorni per non finire a dormire sotto un ponte. Trenta giorni possono essere tanti ma anche pochissimi.

Carica di ottimismo ma anche di una certa ansia, mi imbarcai nella ricerca della mia nuova casa. Lo scopo ultimo consisteva nel trovare una stanza in una WG(alloggio diviso tra più adulti, studenti o meno), in un bel quartiere e ad un prezzo ragionevole.
La concorrenza era agguerrita, le offerte decenti inferiori alle domande, l'impresa ardua. Fatica, frustrazione e scoramento sarebbero stati i miei fedeli compagni per alcune intense settimane.

Ogni sabato mattina mi recavo in edicola a comprare i giornali specializzati, spulciavo tutti gli annunci, selezionavo le proposte più interessanti e poi telefonavo per prendere appuntamento. Il momento topico di ogni conversazione era sempre lo stesso:
"Wie ist die Adresse?"(*)
"Sbaragnaustrasse"
"Eh???"
"Superkazzolenstrasse"
"Wasssssss?"
Erano pochissime le volte in cui capivo l'indirizzo al volo, spesso dovevo chiedere lo spelling ed in alcuni imbarazzanti e penosi casi neanche ciò era sufficiente. Allora mi armavo di stradario e pazienza e, andando per tentativi ed assonanze, alla fine risolvevo il mistero e risalivo al nome esatto della via. Un’acuta detective? No, semplicemente una ragazza disperata e caparbia.

Nel giro di un paio di settimane vidi molti appartamenti. Quelli migliori venivano presi d'assalto da orde di giovani. Ci ritrovavamo in fila, come all'ufficio di collocamento o ad un provino per il Grande Fratello. Non eravamo noi a "giudicare" la casa, ma i futuri coinquilini a decidere quanto noi fossimo all'altezza del giaciglio offertoci. Quelli peggiori erano ovviamente molto meno ambiti. Del resto non c'era da stupirsi che non ci fosse la fila per accaparrarsi un sottoscala caro quanto un attico, per godere la gioia di un’ottantenne come coinquilina, o per provare l’ebbrezza di vivere in mezzo ad una banda di spacciatori.

Dopo molti appuntamenti e infinite delusioni, le opzioni vagamente accettabili rimaste a mia disposizione erano solo due. Potevo scegliere se vivere con "Rosemary' s Baby" o lo "Psycho Brother".
Il primo alloggio si trovava nel mio quartiere preferito: Prenzlauerberg (ora entrato a far parte del distretto di Pankow). Vitale polo di attrazione per artisti e giovani provenienti da tutto il mondo, pieno di Caffè, negozi colorati e ristorantini etnici.
Andando all'incontro guardai le strade ed i palazzi limitrofi con commozione, iniziai a salire le scale con una rinnovata speranza, bussai alla porta con il cuore gonfio d'attesa. Dopo un secondo l'uscio si aprì, io sfoderai il migliore dei miei sorrisi, ma davanti a me non trovai il tipico fricchettone berlinese o l'ennesimo studente Erasmus, bensì una bambina. Una bimba con il viso imbronciato e lo sguardo rabbioso. I miei futuri coinquilini sarebbero dovuti essere un padre single, giovane e belloccio, e la di lui figlia, una bimbetta con l'aria dolce e rassicurante della protagonista de L'Esorcista.
Mentre il papà mi mostrava l'appartamento, l'adorabile frugoletto mi lanciava sguardi carichi d'odio. Mentre sedevamo tutti intorno ad un tavolo, l'angioletto germanico tentava di prendermi a calci.
Mentre parlavamo di affitti e spese, la fetente lillipuziana precisava che: "Io questa in casa MIA non ce la voglio!"
La camera da affittare era enorme e bella, l'alloggio fantastico, il quartiere il meglio che io potessi desiderare, ma l'idea di convivere con la bimba posseduta dallo dimonio mi frenava assai. Quindi, me ne andai con un vago "Mi faccio sentire io" ed affranta arrancai verso la mia ultima destinazione: l'appartamento dello Psycho Brother.
Il quartiere era periferico, quasi quanto quello dello studentato, e l'edificio un casermone in pieno stile sovietico. Una tristezza infinita.
Ad aspettarmi trovai: un ragazzo alto e smilzo, proprietario dell'immobile; una ragazza coreana, che si era appena aggiudicata l'ultimo posto decente disponibile, lasciando a mia disposizione uno sgabuzzino con lucernaio; tre gatti piscioni e lo Psycho Brother. Quest'ultimo, fratello del proprietario, se ne stava rigorosamente chiuso a doppia mandata nella propria stanza perché "preferisce stare per i fatti propri", "non ama gli estranei" ed "è un po' strano, ma tranquillo".
La casa era carina, ma la brutta posizione, le dimensioni della mia camera e soprattutto la presenza dello strano figuro di cui sopra, mi facevano intravedere terribili quadri futuri. Che andavano dall'obbligo di dividere il mio misero giaciglio con i tre gatti piscioni fino al mio accoltellamento sotto la doccia.
La mia calda ed accogliente stanzetta a Schlachtensee non mi era mai parsa così bella e sicura.

Tornai a casa terribilmente scoraggiata ma, mentre affogavo i dispiaceri in un thè alla cannella, qualcuno bussò alla mia porta:
"Ciao Pancrazia"
"Ciao amichetta Eli"
"Com'è andata la ricerca?"
"Un disastro"
"Non ti preoccupare, ho trovato questo numero sulla bacheca di Fisica. È l'appartamento perfetto per te!"

Continua...

(*) Qual è l'indirizzo?

2 commenti:

  1. ODDIO ho una reminescenza: questa è anche la triste cronaca della mia ricerca di un giaciglio...hai tutta la mia soldarietà retroattiva...per quello che vale!

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    1. Grazie, vale tantissimo!
      A un certo punto ho persino temuto che avrei finito per dormire sotto un ponte ma poi...Continua...

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