sabato 7 aprile 2012

16. Il mio regno per un passaporto!

E’ noto che l’amore e, soprattutto, le cotte pseudo adolescenziali facciano perdere la lucidità mentale.
Se poi, come nel mio caso, già di base si sia poco lucidi, è ovvio che sia sufficiente un solo messaggio da parte dell’amato bene perché la catena dell’assurdo si metta in moto.

Felix, che non mi si filava di striscio, che sembrava considerarmi solo una scocciatura, che a malapena si ricordava il mio nome, un giorno, assolutamente a sorpresa, mi invitò a passare un week end assieme. In Polonia.
Nel 2000 per andare in Polonia ci voleva il passaporto. Nel 2000 io il passaporto non ce l’avevo.
In effetti, prima di partire per la mia avventura Erasmus, tutti mi avevo consigliato di farlo. Ma io, imperatrice assoluta della procrastinazione e delle occasioni perdute, avevo rimandato la faccenda fino a quando non era stato troppo tardi per ottenere l’agognato documento.
Niente passaporto. Niente Polonia.
Niente Polonia. Niente appassionato week end insieme al mio Buddy.
Niente week end. Niente fidanzamento.
Niente fidanzamento. Niente matrimonio.
Niente matrimonio. Niente bambini.
Non mi potevo arrendere senza lottare. Lo dovevo fare per Boris, Michael e Florian. I miei adorati figlioli, belli come il loro babbo Felix, e dalla vivace personalità come la loro fascinosa madre, me medesima.

La mia mente, alterata dagli ormoni, lavorò incessantemente tutta la notte alla ricerca di una soluzione.
Come avrei potuto passare il confine?
Nascondendomi nel bagagliaio della macchina? No, rischiavo di spettinarmi.
Scavando un tunnel sotterraneo? No, mi sarei rovinata le unghie.
Paracadutandomi direttamente in terra polacca? No, me la sarei fatta sotto.
Alla fine decisi di provare con un metodo legale, semplice e che non mi avrebbe provocato un attacco di panico.
Mi sarei rivolta alle autorità.

Trascorsi il giorno successivo cercando la sede dell'ambasciata italiana che, ai tempi, era piccola, provvisoria e anonima. Arrivai a due minuti dall'orario di chiusura, arrancai per le scale e raggiunsi l'ingresso. Ero stanca, sudata, stropicciata e nel mio sguardo si intuiva chiaramente un guizzo di follia.
Già in attesa, prima di me, vi era invece un’elegante ed inamidata signora che, dall'alto dei suoi tacchi e della sua messa in piega, mi lanciò un'occhiata di teutonica superiorità.

Venimmo accolte da un carabiniere.
Io, con i miei capelli ricci arruffati, e la signora, con la piega perfetta, esordimmo nel medesimo momento. "Guten Tag!" disse lei, "Buongiorno" salutai io.
Il bel giovane, perché di gran bel pezzo di figliolo si trattava, si voltò verso di me, "Buongiorno, prego si accomodi". E poi, rivolto alla Frau, "Bitte, warten sie einen moment"(*), e le chiuse la porta sul nasino perfetto.

Dopo essermi presa la soddisfazione di essere ricevuta per prima solo grazie ai miei italici natali, avanzai a testa alta per il corridoio, elargendo sorrisi a destra e a manca, e sprizzando ottimismo da tutti i pori.
Un solerte impiegato mi venne immediatamente incontro, "Prego, signorina, mi dica. Cosa possiamo fare per lei?"
"Buongiorno, avrei bisogno di un'informazione. Ci vuole molto per fare il passaporto qui a Berlino?"
"No. Prima la inseriamo nelle liste degli italiani residenti all'estero. Poi le forniamo una nuova carta d'identità e un nuovo passaporto.
Qualche mese dovrebbe essere più che sufficiente."
Mossa dalla disperazione che solo una donna innamorata, o quantomeno fortemente invaghita, può provare, continuai ad insistere.
"Vede, il problema è che il passaporto mi servirebbe in fretta. Non si possono velocizzare un pochino i tempi?"
"Una volta fatta la richiesta, possiamo provare a sollecitare la questura in Italia.
Per quando le serve?"
"'bato", biascicai imbarazzata, improvvisamente consapevole di quanto fosse folle la mia richiesta.
"Eh?"
"'abato", ripetei vergognandomi di me stessa.
"Scusi? Non ho capito"
"Sabato."
"Quattro giorni? Vuole un passaporto in quattro giorni?"

Non mi arresi neanche di fronte all'aria scioccata dell'impiegato. Dovevo continuare a provarci: lo dovevo fare per me e per il futuro padre dei miei figli!
"Non esiste niente che possa fungere da surrogato? Un permessino speciale? Un visto a tempo?"
Un visto a tempo. Ancora non ci posso credere. Chiesi un visto a tempo!
"No, no, no. Niente del genere", fece lui, "ma perché ha tanta fretta?"
A quel punto mi resi conto che la risposta "perché devo andare in Polonia con un gran bel pezzo di ragazzo tedesco che, se gli dico no questa volta, non mi inviterà mai più, non mi sposerà, non fonderà il suo perfetto DNA con il mio, in seguito a numerose, folli e focose notti d'amore" sarebbe stata davvero troppo imbarazzante. Anche per una come me, notoriamente senza vergogna.

Decisi che, se non sarei uscita da quell'ambasciata con un passaporto, almeno me ne sarei andata in grande stile e con la mia dignità ancora intatta. O quasi.
Assumendo un'aria molto professionale e mentendo con tutta la spudoratezza di cui sono capace, dissi:
"Una conferenza. Mi sto laureando in medicina e mi sarebbe piaciuto allargare ulteriormente le mie conoscenze nel campo della neurochirurgia. Il prossimo week end si terrà un convegno di prestigio a Varsavia. Ma, a quanto pare, purtroppo dovrò rinunciarvi." Il fatto che io, in realtà, fossi a 200mila esami dalla laurea, odiassi la neurochirurgia e che il convegno fosse ovviamente una mia sfacciata invenzione erano particolari che, innocentemente, decisi di tacere.
"Mi dispiace. E' un vero peccato. Vorrei tanto esserle d'aiuto, sono mortificato."
Io tagliai corto, perché anche il mio livello di paraculaggine non è infinito, "Grazie lo stesso, arrivederci", e me ne andai quasi di corsa.

Il mio motto è sempre stato: "Se devi spararla, sparala grossa".
Poi, però, raccontala su internet, in modo che tutto il mondo sappia quanto tu sia deficiente.

Continua...

(*): "Prego, aspetti un attimo"

11 commenti:

  1. Sempre meglio provare!!! :-D

    ---Alex

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  2. Questo e quello precedente su Felix sono sicuramente fra i capitoli più simpatici del tuo tragicomico romanzo erasmusiano. Anche avendoli già letti, non lasciano affatto in chi legge l'insipida e triste sensazione che spesso ha, ad esempio, una barzelletta già conosciuta. Questo è talento. :)

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    1. Grazie, troppo buona.

      Il mio talento sta soprattutto nel riuscire a mettermi in situazioni imbarazzanti, e poi non avere nessuna vergogna a raccontarlo al mondo! :D

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  3. Mi sto gustando in pieno questa tua narrazione: ogni puntata un sorriso sempre più largo! sarebbe una sit-com di sicuro successo. La tua autoironia è impagabile e, come dice il commento che mi precede, hai davvero talento nello scrivere. Aspetto la prossima puntata con ansiosa curiosità.
    Nicoletta

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    1. Sono proprio contenta che tu ti stia divertendo.
      Grazie per i meravigliosi complimenti.

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  4. Ho scoperto questo tuo blog da qualche minuto e me la sto già facendo sotto dalle risate!!

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  5. Jane, ti prego: sei andata in Polonia, vero????

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    1. Sì, ci sono andata. L'estate seguente con un altro tedesco ;)

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  6. Risposte
    1. La verità: niente passaporto e quindi niente viaggio.
      Sicuramente non perse le notti di sonno per la delusione.

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